La scrittura mi serve come medicina, come luogo di confessione, come
possibilita´ di dialogo con me stesso di approfondimento con me stesso. Io ho
sempre ricorso all´esempio di Sherzad, la famosa narratrice de Le mille e una
notte, la quale racconta per esorcizzare la morte e per rinviare l´esecuzione.
Ripeto la stessa cosa, io scrivevo e scrivo per questo.
La pubblicazione introduceva o avrebbe
introdotto e ha introdotto poi in effetti
un elemento di disturbo, che ha le sue gratificazioni e´ inutile
negarlo, ma nello stesso tempo uccide o mortifica quella purezza di un monologo
di me stesso di fornte allo specchio.
qualche volta lo rimpiango perche con un po di pazienza io avrei esordito
felicemente da postumo che e´ la sorte piu´ bella.
Se dipendesse da me non salirei su un autobus cosi´ affollato come quello
della notorieta´. Mi sento come quei marinai che si sono affezzionati allo
scoglio dove hanno fatto naufragio e non sono del tutto riconoscenti alla nave
che li viene a salvare. Vero e´ anche che qullo che dico puo´ essere una
maschera come dire, l´alibi di una vanita´, perche´ io dopo tutto il libro l´ho
pubblicato.
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