giovedì 10 gennaio 2013

La lingua salvata. Storia di una giovinezza. Elias Canetti

elias canetti, la lingua salvata
Inauguro oggi la una nuova rubrica: "collezione privata". Prendendo spunto dall'omonima trasmissione radiofonica domenicale di Radio Deejay , in cui gli ospiti si raccontano attraverso la loro playist musicale.Io mi racconterò attraverso la mia playlist letteraria. Le opere sono scelte secondo il mio personale gusto, e non seguiranno nessun ordine specifico.
 Inizio con un libro a me molto caro, che mi è capitato tra le mani in questi giorni dopo tanti anni e che ho ripreso a leggere con estremo piacere; si tratta de La Lingua salvata (die gerettete Zunge) di Elias Canetti, che ho letto la prima volta nel lontano 1997 durante il mio primo anno accademico.

La lingua salvata è un romanzo autobiografico, dove lo scrittore ebreo sefardita Canetti racconta i suoi primi 25 di vita. Fin dal suo apparire, nel 1977, questa è stata accolta da molti come un , uno di quei libri destinati a restare, che coinvlogono profondamente ogni specie di lettori. Con la sua prosa limpida, tesa, vibrante in tutti i particolari, Canetti è qui risalito ai ricordi più remoti, cercando di ritrovare nella propria vita quella difficile verità che solo il racconto può dare. Dopo aver vagato per decenni fra migliaia di miti, fiabe, di trame si è rivolto a quell'unica storia che per ciascuno di noi è la più segreta ed enigmatica: la propria. (Introduzione IV Edizione Adelphi del 1995)



Elias Canetti è nato a Rutschuck, in Bulgaria, da una famiglia ebraica di lingua spagnola ed è vissuto lungamente a Vienna e poi Londra e Zurigo, dove è morto nel 1994. Nel 1981 egli è stato attributo il Premio Nobel per la letteratura.

Citare dei brani di un'opera mi procura una tensione immensa, perchè ho sempre il terrore di citare quello e tralasciare l'altro, ma certe scelte van fatte.
Tratto da "La lingua salvata ":

Il mio più lontano ricordo è intinto di rosso. In braccio a una ragazza esco da una porta, davanti a me il pavimento è rosso e sulla sinistra scende una scala pure rossa. Di fronte a noi, sul nostro stesso piano, si apre una porta e ne esce un uomo sorridente che mi si fa incontro con aria gentile. Mi viene molto vicino, si ferma e mi dice: « Mostrami la lingua!». Io tiro fuori la lingua, lui affonda una mano in tasca, ne estrae un coltellino a serramanico, lo apre e con la lama mi sfiora la lingua. Dice: «Adesso gli tagliamo la lingua». Io non oso ritirarla, l'uomo si fa sempre più vicino, ora toccherà la lingua con la lama. All'ultimo momento ritira la lama e dice: «Oggi no, domani». Richiude il coltellino con un colpo secco e se lo ficca in tasca. Ogni mattina usciamo dalla porta che dà sul rosso pianerottolo e subito compare l'uomo sorridente che esce dall'altra porta. So benissimo che cosa dirà e aspetto il suo ordine di mostrare la lingua. So che me la taglierà e il mio timore aumenta sempre più. Così comincia la giornata, e la cosa si ripete molte volte.(pg. 13) <...> La minaccia di quel coltellino è stata efficace, il bambino ha taciuto la cosa per dieci anni.

La Paura

Non c'è sentimento che cresca più rigoglioso della paura, e saremmo davvero ben povera cosa senza le paure che abbiamo patito. È una tendenza caratteristica degli esseri umani esporsi continuamente alla paura. Le nostre paure non vanno mai perdute, anche se i loro nascondigli sono misteriosi. Forse, di tutte le cose del mondo, nulla si evolve e si trasforma meno della paura. (pg.77)


C’è da dire che Elias aveva già subito la fascinazione del tedesco, poiché in quella lingua “segreta” i genitori comunicavano quando non volevano farsi capire dai figli e, essendo misteriosa, gli sembrava una lingua magica e bellissima.
Elias Canetti impara dunque il tedesco, e la chiamerà una vera e propria “madrelingua”, pur se imparata in ritardo, a ben 11 anni. Lo sarà infatti davvero, una seconda madrelingua in cui Canetti si troverà bene tanto quanto nella prima.



La mamma non poteva sopportare il pensiero che una troppo scarsa conoscenza della lingua potesse impedirmi di essere ammesso a quella classe. Così era ben decisa a insegnarmi il tedesco nel più breve tempo possibile...Come posso descrivere in maniera credibile il suo metodo di insegnamento?...Mi leggeva una frase in tedesco e me la faceva ripetere. Siccome la mia pronuncia non le piaceva, la ripeteva un paio di volte, fino a quando le pareva accettabile. Non accadeva spesso, però, e lei mi canzonava per la mia pronuncia, e poichè per nulla al mondo"


e ancora

"La mamma mi aveva costretto in un tempo brevissimo a un compito che andava al di là delle possibilità di qualsiasi bambino; il fatto che poi sia riuscita nel suo intento ha determinato la natura molto profonda del mio tedesco, che fu per me una lingua madre imparata con ritardo e veramente nata con dolore. "


Buona lettura

Leo Perinovich


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